POWERS OF THE MONK - Bread & Circuses

30.09.2025

"Panem et circenses" è un'espressione latina che significa "pane e giochi da circo". Originariamente era utilizzata dal poeta romano Giovenale per criticare la plebe che si accontentava di cibo gratuito e intrattenimento, come i giochi del circo o le lotte dei gladiatori, piuttosto che occuparsi degli affari politici. Col tempo, l'espressione si è trasformata, indicando la capacità manipolatrice dei governi di ottenere il consenso popolare distraendo le masse dai problemi reali con divertimenti superficiali.

Questa è la fotografia della società moderna scattata dai Powers of the Monk nella loro ultima canzone, tanto geniale quanto inquietante: Bread & Circuses. La band è composta dal duo di Detroit, formato da David S. Monk e CasSondra "Pontiac" Powers, che con questo brano affinano ulteriormente la loro ricca ed emotiva estetica indie-folk.

Bread & Circuses è un brano dark e stravagante, che fonde trame art-rock con allegorie liriche. Ad arricchire ulteriormente il progetto c'è la partecipazione del batterista John O'Reilly jr., che esalta la vena sperimentale dei Powers of the Monk, i quali inseriscono stratificazioni di chitarre acustiche ed elettriche, synth strutturati ed effetti sonori che simulano ruggiti di leoni, decolli di aerei e monitor degli ospedali.

Il brano si apre con scintillanti accordi di chitarra acustica e una voce eterea e ipnotica che, come una sorta di ninna-nanna inquietante, trasporta l'ascoltatore in uno stato onirico. Con l'ingresso della batteria l'atmosfera si fa più cupa, come se alle porte si stesse avvicinando un evento apocalittico spaventoso.

L'effetto intimidatorio aumenta quando il ruggito dei leoni accompagna l'agghiacciante ritornello: "i leoni mangiano i pagliacci". Questa è una delle tante metafore della canzone, che narra come, quando l'ordine sociale comincia a sgretolarsi, distratto dall'entusiasmo per uno spettacolo, le forze oscure celate sotto la superficie iniziano a manifestarsi.

Il testo sembra un'allucinazione raccontata da un folle rinchiuso in un manicomio: "Dita unte sul vetro della mia finestra, sette persone inventate dal mio cervello". Frasi sinistre e inquietanti di un narratore schizofrenico tormentato da realtà frammentate.

Poi ecco un'altra frase premonitrice di sventure: "Vedo tutto, Roma sta per cadere, bicchieri di carta per tenerci tutti in riga", una strofa che ci ricorda come, quando gli imperi cadono, tutto porti al declino culturale. A tutto ciò si aggiunge la menzione di "pillole rosse, pillole blu", un'allusione alla realtà "drogata" dalle illusioni della nostra cultura moderna, mentre continuiamo a sostituire la verità con inutili distrazioni.

Una descrizione di un futuro distopico? In realtà, questa narrazione non sembra così distante dalla realtà in cui viviamo e per questo la canzone fa così paura, al di là delle metafore inquietanti e minacciose.