GILLIAN RAE PERRY - Gillgil

13.09.2022

In questo periodo è diventata estremamente virale l'immagine catturata da un fotografo (Martin Gregus Jr.) che ha trascorso due mesi nel Canada artico. La fotografia ci mostra un gigantesco orso polare, con il manto candido e la struttura fisica possente, sdraiato in un meraviglioso prato ricoperto di fiorellini color lillà. 

L'orso, sdraiato a tre quarti sulla schiena, sembra star annusando i fiori e beandosi dei colori. È un'immagine dolcissima, in qualche modo potente ma anche vulnerabile e meravigliosa.

Ecco, ogni volta che Gillian Rae Perry produce qualcosa di nuovo, dovremmo ricordarci di quella foto: forza e fragilità insieme, una bellezza unica. Dopo il suo brillante concept album "Lost Children", la sua nuova fatica "Gilligil" è il quarto album uscito in due anni. 

Gillian Rae Perry è una musicista proattiva, dinamica, grande sognatrice. Tutto questo traspare evidentemente in Gilligil, che restituisce un mondo pittoresco e incantato e indugia senza timore nei racconti, i ricordi e le narrazioni più profondi e tormentati. Gillian cerca in questo album di raccontare la sua depressione, l'ansia e la guarigione definitiva; e lo fa senza trattenersi. Ci vuole molto coraggio per mettere così tanto di sé nelle proprie canzoni, per esporsi in modo sincero; ce ne vuole ancora di più per rimanere autentici in tutto questo. Gillian ci riesce, ci riesce e la fa sembrare una cosa semplice.

L'album inizia con "A Day", un brano sperimentale e fresco che passa attraverso una compilation di suoni prima di fare il suo passo decisivo verso una semplice melodia di pianoforte accompagnando l'incantevole voce di Gillian. Parla di come la nostra società elevi la mondanità a qualcosa di sacro. Un inizio più che promettente. 

"In My Head" scava in profondità nei disturbi dell'artista, svelando un flusso di coscienza disperato a dispetto di un arrangiamento percussivo ingannevolmente allegro e brillante, come un sogno confuso. 

"Happening Again" prosegue questa scia con un'intensità più scura. Il testo presenta una marea di dubbi che fremono con melodiche strumentali eteree e minimali di grande effetto. 

"Need Me", in collaborazione con Alia Johnson, mantiene le atmosfere malinconiche con note roboanti e un piano triste e dolce in sottofondo. Il testo sembrerà fin troppo familiare per chiunque abbia lottato per la fiducia in una relazione tossica. Si sviluppa verso un climax vertiginoso e cinematografico che sembra una liberazione. 

"Therapist", con Casey Deal, a metà dell'album sembra un punto di svolta. Ha una sensazione stravagante nella strumentazione, con una chitarra acustica strimpellata e percussioni leggere.

"Any Sort Of Way" mantiene la ritrovata leggerezza, con un messaggio di accettazione di sé e armonie vocali che scaldano il cuore. 

"Like This", con Nigel Deane, è un brano cupo ed è ricco di narrazione autoriflessiva. 

"Dear Friend" conduce verso il finale con una melodia contemplativa e avvolgente, una voce gentile e un messaggio lirico che tira i battiti del cuore. Queste due tracce insieme esplicano magnificamente gli alti e i bassi della malattia mentale. 

La penultima traccia dell'album, "A Reminder", fatta con Kimberley Dunning, funziona perfettamente come punto massimo dell'opera, con voci gonfie e sottofondi ambientali. 

La storia di Gillian viene infine completata e illuminata da "One Day". Di nuovo, vulnerabilità e forza. L'elaborazione del trauma e l'utilizzo della musica come catarsi per raccontare la guarigione.

Come un orso polare in un campo di fiori. Che forse sta facendo un sogno agitato, forse è stremato, forse si sta solo godendo il trionfo della natura.