GAV MORAN - Broken Pieces
Ci sono dei giorni che sembrano essere stati creati apposta per farci riflettere. Immaginiamo un pomeriggio di Novembre passato a casa senza niente da fare, nessuna incombenza. Non ci va né di guardare un film né di leggere. Ci affacciamo alla finestra e osserviamo la pioggia scendere silenziosa, ma incessante attraverso i vetri che si sono parzialmente appannati per la differenza di temperatura con l'esterno. La nostra mente comincia a viaggiare portandoci a rivivere ricordi lontani.
Come in un film in bianco e nero rivediamo volti e luoghi del nostro passato che ci appaiono sbiaditi dal tempo. Le emozioni invece non hanno perso di intensità e ci ricordiamo perfettamente quello che abbiamo vissuto. Quante storie finite male, quante scelte sbagliate, quante persone che abbiamo perso di vista e che non sentiamo da anni. In una sorta di perverso masochismo ci immergiamo in quei ricordi che ci sbattono in faccia il nostro lato peggiore.
Le riflessioni in apertura di questo articolo ci sono state ispirate dall'ascolto dell'album di debutto di Gav Moran intitolato Broken Pieces, un disco di nove composizioni strumentali in grado di calare l'ascoltatore in una dimensione di intimo raccoglimento in cui perdersi e sognare.
Gav Moran è un compositore di musica minimalista e neoclassica che si propone di condurre i suoi ascoltatori attraverso un viaggio di malinconia ed ispirazione. Lo strumento che primeggia nelle tracce del disco è il pianoforte, ma le creazioni sono arricchite da archi che ne enfatizzano i toni e ne espandono i confini.
C'è una strana atmosfera che permea l'intero album. Un senso di ricerca emotiva e di attesa che penetra il sottile velo che separa la verità oggettiva dalla nostra percezione di ricordo. I titoli delle composizioni suggeriscono un percorso di introspezione sensoriale che si snoda attraverso delle pietre miliari che rappresentato nuovi livelli di coscienza. Il linguaggio espressivo di Gav Moran ci appare calmo e ragionato, come un tenue fuoco che continua a bruciare sotto la cenere.
Il tocco del pianista è raffinato e posato e riesce ad esprimere in maniera ottimale tutti gli stati emotivi che si affacciano dalle varie tracce. Benché la malinconia sia in un certo modo il filo conduttore di quest'opera è possibile incontrare delle sfumature addizionali che vanno dalla tristezza all'esaltazione. I tre episodi principali dell'album sono i pezzi intitolati Letter To Kyiv, Letter To Guinevere e la conclusiva A Letter To Say Good Bye che si configurano come i punti chiavi del percorso.
Il resto dei brani sembrano essere il carburante semantico per queste "lettere" in cui l'autore sintetizza l'esperienza conoscitiva maturata attraverso la loro esplorazione. In questa ottica l'intero lavoro ci appare come una lucida contemplazione di sé e della propria esistenza che appare ora sotto i nostri occhi con tutte le sue luci e le sue ombre e in cui non possiamo fare a meno di immedesimarci.
Questo album è un'esperienza sonora profonda e stimolante che ci sentiamo di consigliare a tutti.