ERIC ANDERS AND MARK O'BITZ - So Far Gone

16.10.2022

"We are all stories in the end, just make it a good one"

Questa frase, estrapolata da un dialogo che avviene nella serie televisiva britannica "Doctor Who" calza quanto mai perfettamente nel presentare un duo che sembra destinato a brillare tra le stelle del folk rock americano.

Eric Anders e Mark O'Bitz, direttamente dalla California, scrivono e producono la loro musica da vent'anni ; dai tempi del loro esordio sulla scena musicale con Not a One non si sono mai fatti fermare.

Il loro ultimo progetto, So Far Gone, è un disco folk ottimamente strutturato, sontuoso. Una raccolta di sei tracce che tutte insieme raccontano una storia, un'ottima storia: la nostra.

Sì, perché l'album è stato concepito e scritto durante il periodo della pandemia, e cattura alla perfezione quell'atmosfera di desiderio per tutte quelle piccole cose che davamo per scontate prima che il mondo intero venisse sconvolto dall'ennesimo importante avvenimento storico.

Il brano che apre le danze dona il nome all'album: So Far Gone ha un arrangiamento country blues dove l'abilità tecnica di O'Bitz alla chitarra e la voce trascinante di Anders ci trasportano in una melodia ottimamente arrangiata che setta l'asticella decisamente in alto.

Non mancano i toni onirici e languidi, ascoltabili in Fantasyland e Above The Highest of Spires. Le melodie lente del duo sono un esempio di come una canzone "tranquilla" non debba essere per forza noiosa o triste e ci catapultano invece in un crescendo di calma e meraviglia.


Con Down to See e Dirty Sun ci permettiamo di ballare, ma senza scatenarci troppo sulla pista da ballo. Viene quasi voglia di stringere a noi qualcuno di caro per poterlo portare con noi in un ritmo morbido dove tutto è calmo e niente ci può far del male.

Un senso di sicurezza che la pandemia ha strappato senza pietà dalle nostre vite, ponendoci nella condizione di doverci riappropriare dei nostri spazi con lentezza.

Hey Josephine è la traccia conclusiva dell'album, capace di non farci rendere conto del tempo che passa. Il brano tende i fili di tutta la storia raccontata, e in sette minuti emerge come un grido finale tutta l'abilità tecnica spesa nella composizione musicale: la già nominata dote con la chitarra di Mark O'Bitz ci trasporta lontano dalle brutture del mondo moderno, lasciandoci riscoprire la speranza di un mondo in guarigione. 

Un mondo affidato alle mani di tutti noi, caricato del dovere di renderlo migliore, in qualche modo più leggero e melodico.

Un riff di chitarra per volta.