49 BURNING CONDORS - Seventh Hymnal

29.09.2022

Quanto influiscono sul nostro immaginario i racconti dell'orrore su streghe, diavoli, spiriti? Da bambini ci fanno paura ma ci attraggono inspiegabilmente, per il gusto del proibito e la volontà di sentici grandi. 

Crescendo possono diventare veri e propri terrori o mantenere immutata quella patina di fascino e di interesse che fanno scaturire in noi. Le atmosfere magiche, incantate, maledette e spiritate sono, in ogni caso, una parte fondamentale della cultura di molti luoghi. Fanno parte della nostra storia comune, ed è bellissimo vedere tutto questo trasposto in musica.

La band 49 Burning Condors viene da Filadelfia, in Pennsylvania, ed è composta da: Kimber Dulin (voce), Christopher Tremoglie (chitarra e piano), Andriana Markano (violino), Zach Rinck (basso) e Kat Wilson (batteria). L'EP del 2020, "Truths and Roses", aveva sonorità blues, swampy, indie, gothic, groovy, folk e alternative. 

La band segue uno stile asciutto di musica popolare americana che alcune persone chiamano southern gothic o witch rock, fortemente influenzato dal profondo sud e da tutti i racconti, le leggende, i racconti popolari e le favole oscure che provengono da quella straordinaria zona degli States. 

Il loro nuovo album, "Seventh Hymnal", è variegato e ricchissimo di personalità. Porta un'oscurità accecante, con la sua esplorazione dei personaggi e una vasta gamma di emozioni che vanno dalla speranza allo scoramento.

Scritto e composto durante la pena della pandemia, dove la sofferenza e il dolore sembravano essere l'unica notizia ripetuta in infinite declinazioni di paura, "Seventh Hymnal" porta su di sé il peso della sofferenza che è decisamente innegabile. Una versione inspiegabilmente ammaliante delle melodie folk classiche narrate attraverso una lente indie-rock tipicamente moderna, l'intero album è spaventoso ma anche assolutamente familiare e decisamente originale.


"Bayou" è una canzone di apertura potentissima. Il brano si concentra, più che sulla performance vocale, sul tessere la giusta atmosfera attraverso una melodia acustica inquietante ed elementi percussivi insieme al violino teatrale e molto espressivo. 

"Little Death" segue con naturalezza e rivela la struttura dei testi dell'album: le parole sono inquietanti e l'umore oscuro ci fa sentire come se stessimo ascoltando una sorta di melodia popolare medievale che presagisce un orribile futuro. 

I riff di "Willow Tree" appaiono di tanto in tanto, restano nascosti nell'ombra finché i tamburi e le corde entrano in azione, per trasformarsi in elementi selvaggi. Le parole qui indossano vesti completamente diverse, unite alla musica trionfante, e sono molto più taglienti. 

"Red Drum Skin" è un bagno nel southern rock, con tamburi dinamici e una linea vocale perfetta. Questo misticismo che ricorda molto i racconti sulle streghe è accresciuto dalle strofe che parlano di erbe e pozioni, piene di immagini sulla natura, di uomini che affogano e di guaritrici autorevoli. 

"Noonday" è molto cupa. Il testo sui diavoli che si insinuano nell'arte, gli incubi e le immagini contorte di dolori inesplicabili è infiammato dalla voce agonizzante di Kimber. 

"Chapel Hill" è la luce tenebrosa in fondo al tunnel: una storia magnificamente tentacolare di omicidi e sussurri di fantasmi di bambini che fanno drizzare i peli sulla nuca. 

"Seventh Hymnal", che dà il titolo all'intera opera, ci regala una chiusura sorprendente. Veniamo presi per mano da un pianoforte delicato e dalle parole di una bellezza abbagliante. Anche il lamento dei violini proviene da un luogo di speranza e redenzione, non di disperazione. 

Raccontato dalla prospettiva di un albero bruciato, il testo è davvero particolare e imperdibile.