THE LAMPLIGHTER - Ultraviolet Catastrophe

19.02.2023

In un panorama musicale in cui l'elettronica ha ruolo sempre maggiore, quello che serve per ristabilire le regole di base del rock è un album concepito e suonato alla vecchia maniera, ossia con strumenti veri, energia e adrenalina. 

Quello che è andato perduto negli ultimi tempi è quella passione per le cose realizzate a mano, quel senso di padronanza della musica che si manifesta quando ci si abbandona all'improvvisazione e ci si fa guidare dal proprio istinto per esprimere quel fuoco che brucia nel cuore di ogni musicista. 

 Il rock in fondo è proprio questo: spontaneità, compattezza di suono e vibrazioni forti ed energetiche in grado di catturarti e farti suo suddito a vita. Dimentichiamoci quindi per un po' di campionamenti, sintetizzatori, batterie elettroniche e tuffiamoci a capofitto in album che sa parlare al cuore dei rocker.

Il disco di cui stiamo parlando si intitola Ultraviolet Catastrophe ed è il disco di debutto di Lamplighter, un talentuoso artista che attraverso questa sua one man band ridisegna le coordinate del rock strumentale in quest'era digitale che spersonalizza l'anima dei musicisti.

Il disco che stiamo analizzando si compone di sette pezzi forti e solidi tutti scritti, suonati e registrati dalla mente che si nasconde dietro lo pseudonimo di Lamplighter. La musica prodotta da questo artista è in grado di farci entrare all'interno dell'universo personale del suo autore, un luogo fatto di energia selvaggia in cui perdersi è molto facile ed uscirne dannatamente difficile.

Fin dal primo brano, Magma, capiamo qual è la strada che l'artista ha intenzione di percorrere. I suoni degli strumenti sono grassi, pesanti ed allo stesso tempo dotati di quell'agilità e dinamismo che possedeva il rock progressivo degli anni settanta. 

Ogni traccia di questo disco potrebbe tranquillamente figurare nella colonna sonora di uno dei primi film di Dario Argento o di un qualsiasi altro regista di thriller italiani anni '70. Quello che colpisce maggiormente dei brani di questo album è lo spirito che permea le tracce. 

L'organo, onnipresente rappresenta uno dei marchi di fabbrica di questo lavoro che mette la creatività al primo piano. Un esempio tangibile è la lunga jam messa in scena sul brano "6 o'clock Jump" in cui tutti gli strumenti (batteria inclusa) si producono in assoli pieni di gusto e di tecnica. 


L'atmosfera che si respira nel disco è simile a quella di alcuni brani dei primissimi Black Sabbath, quando la band si scatenava in improvvisazioni e lasciava fluire il proprio talento in note e ritmi provenienti da un'ispirazione fulminea e contingente.

Tutto in questo disco è portato al massimo dell'espressività, dalle ritmiche della batteria al suono delle chitarre. Tutti gli strumenti coinvolti nel progetto trovano nelle diverse tracce il loro campo di battaglia in cui esprimersi al top della loro capacità comunicativa.

Questo album ci ha colpiti nel segno e siamo sicuri che piacerà a tutti gli appassionati del genere.